Ad imageAd image

Spalletti: “Concentrati sull’Empoli. Da parte mia nessuna scaramanzia. Lobotka lo volevo all’Inter”

Mauro Cucco
Mauro Cucco
9 Min di lettura

Luciano Spalletti parla in conferenza stampa alla vigilia di Empoli-Napoli, 24esima giornata di campionato. Queste le sue dichiarazioni: “Rispetto all’anno scorso il Napoli ha fatto dei passaggi importanti rispetto a quel tipo di sconfitte. Perché anche l’anno scorso riuscimmo ad avere un balzo importante nel finale. La lettura e la gestione di situazioni simili, poi, sono state ammortizzate bene. E’ una partita delicatissima per quello che è la loro precisa geometria tattica perché noi dovremo essere bravi a dilatare la loro compattezza tattica. Hanno un modo di giocare che viene da lontano, sanno stare in campo benissimo. Hanno calciatori fortissimi, tipo Vicario di cui ormai ne parlano tutti, Parisi, Baldanzi, sono calciatori che ci troveremo il prossimo anno nelle grandi squadre a confrontarsi con classifiche importanti e già adesso sanno come comportarsi in campo. Conosciamo Luperto, è andato via perché aveva necessità di giocare con continuità. Sono tutti segni di quella che è la difficoltà di questa partita e noi dobbiamo essere bravi a meccanizzare bene nella testa quella che è l’importanza di queste partite, senza considerare altre cose”.

Spalletti fa un esempio: “Come quando si hanno gli occhiali da fabbro, ai lati non vedi niente perché sei focalizzato sull’obiettivo che hai davanti. Dobbiamo essere concentrati su quello che abbiamo davanti a noi”.

Empoli rappresenta il suo passato: “Sono partito da Empoli e sono molto grato ad Empoli. Anzi, facciamo una parentesi corretta sul mio percorso: nel calcio cerchiamo continuamente modelli dai quali prendere qualcosa e per poter fare dei passi in avanti, lavorando nella maniera corretta, bisogna imparare bene e da quelle parti si può vedere come si fa calcio. Se si va a Monteboro si possono trovare tanti spunti per fare buon calcio. Ho vissuto lì 4-5 anni, più 7 con quelli da calciatori, 20 da come tifoso dell’Empoli, ed ho subìto un beneficio che mi sono portato dietro e che poi, strada facendo, mi sono portato dietro come bagaglio di esperienza. Ho avuto la fortuna di avere incontrato calciatori molto forti che poi mi hanno permesso la possibilità di arrivare a squadre importanti come il Napoli”.

Terza trasferta in otto giorni, c’è bisogno di gestire qualche calciatore? “Le trasferte, di solito, determinano sempre stanchezza e fatica. Io, però, conosco solo un modo per mettersi a posto, quello di riposarsi. Per questo abbiamo dato un giorno di recupero totale una volta tornati da Francoforte. Avremmo potuto anche allenarci subito, ma abbiamo preferito così. E poi abbiamo dei preparatori molto bravi, che sanno indicarmi benissimo i carichi che dobbiamo fare negli allenamenti successivi. Distanze e velocità da seguire fanno la differenza per il carico muscolare e mentale e noi sappiamo cosa fare. Si fa in modo di non addizionare fatica su fatica”.

C’è qualche calciatore che ha bisogno di rifiatare dopo le fatiche di Champions? “Quando si vincono partite così, come quella di Francoforte, sono dei massaggi alla testa oltre che ai muscoli. Funziona più del massaggio di un massaggiatore professionista. Stanno tutti abbastanza bene ed è chiaro che si cerca ad andare a scegliere meglio possibile anche se, dal mio punto di vista, non è facile perché ho sempre molti dubbi sulla forma dei calciatori”.

C’è un aggettivo che non è stato usato ancora per il Napoli? Spalletti quale sceglierebbe? “No, magari quello di non fare confusione su quello che è il lavoro della scaramanzia. Io non è che non parlo di questo o di quello perché sono scaramantico, ma perché è lavoro. Se c’è chi vuole comprare pasticcini e spumante, faccia pure. Ma a meno che non c’è il compleanno di qualcuno, non si mangia nessun pasticcino. Si lavora nella maniera corretta, anche perché, ripensando all’anno scorso, la sconfitta di Empoli ci aveva distrutto. Fu brutta perché potevamo andare sullo 0-3 ed invece l’abbiamo persa. In un modo devastante. Senza camera d’aria: gomme piene e via per questa partita qui che è difficile. Io so che voi avete difficoltà a percepire la difficoltà di una partita ma se voi stesse al posto mio comprendereste meglio il mio discorso. Che non è legato alla scaramanzia. Noi vogliamo vincere per dare più soddisfazioni possibili alla nostra città. Percepiamo l’amore e la vicinanza dei tifosi a questi colori. Non bisogna commettere il minimo errore e gli errori, pur senza commetterli, vengono fuori e spesso sono determinanti per ribaltare le situazioni. Non permetteremo che dall’euforia si passi alla presunzione che sarebbe la fine della crescita personale”.

Una menzione, ad inizio conferenza, anche per la scomparsa Maurizio Costanzo: “Ho appreso da poco della morte di Maurizio Costanzo e sono molto dispiaciuto. Parliamo di un uomo della televisione molto importante per tutte le cose che ha fatto e sono vicino al dolore della famiglia. Negli anni in cui non esisteva internet e pay tv, se non ci fosse stato il Maurizio Costanzo show le tv sarebbero dovute andare a letto alle 10….E’ stato un giornalista di spessore superiore alla media”.

La gestione del turn-over può essere un modello italiano? “Non so se possa diventare un modello. La nostra impostazione è quella di giocare un buon calcio perché rispecchia le nostre caratteristiche, andare a fare più risultati possibili. I complimenti ci fanno piacere ma per diventare un modello dipende sempre da che tipo di calciatori hai a disposizione. Quando si ha a che fare con calciatori come Di Lorenzo, è inutile andare a trovarne un sostituto. Come lui ce ne sono pochi. Lo stesso vale per Osimhen che sembra morto all’80’, poi però ti fa uno strappo incredibile. E’ disponibilità, è sentimento per la squadra. Sono cose extra a cui fare attenzione. Gli altri non sono uguali, ma differenti. Poi ci sono altri che, invece, hanno bisogno di più tempo per recuperare. Quando hai due calciatori forti è meglio che funzionino tutti e due, se non hai gente come Di Lorenzo e Osimhen. Anche Lobotka è un giocatore che ha preso possesso delle sue qualità. Io sono lì, li guardo, e mi accorgo se un calciatore ha bisogno di più tempo per recuperare o no”.

Spalletti approfondisce sui singoli, Lobotka e Anguissa: “Su Lobotka io sono fortunato perché lo conoscevo quando ero all’Inter, me lo segnalò Alessandro Pane, mio collaboratore con cui ho lavorato. Lui venne, c’era la possibilità di mettere un giocatore in più davanti alla difesa. Noi non potevamo spendere i soldi che ci chiesero e non lo prendemmo e così mettemmo Brozovic. Di Lobotka non ce n’è stato bisogno di conoscerlo. Mi garbava fargli un complimento. Anguissa, invece, è un extra-large dal punto di vista dei movimenti. Sono calciatori che hanno un raggio d’azione importante per quelle che sono le dimensioni del campo. E lo fa con continuità, senza sosta: nel momento in cui si spinge in avanti ed entra nello spazio, gli altri hanno recuperato palla e lui già sta in difesa”.

Le emozioni di Spalletti nel ricevere il Premio Bearzot: “E’ un premio importantissimo che mi inorgoglisce proprio per quello che è stato il personaggio, per quello che insegnato come comportamento ed avere questo premio a casa mia mi fa sentire più forte”.

TAG:
Condividi questo articolo