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Mazzarri: “Ho studiato il Napoli di Spalletti a memoria. Sì, mi piacerebbe tornare”

Mauro Cucco
Mauro Cucco
8 Min di lettura

Walter Mazzarri vuole tornare ad allenare. Lo ha detto chiaramente in una intervista rilasciata al Corriere dello Sport. L’ultima sua panchina risale al 2 maggio 2022: «A Cagliari ho toccato le 720 partite. Premi? Ne ho vinti tanti, di premi. Ora non me li ricordo tutti quanti, se do un’occhiata in casa c’ho un sacco di roba, però sai come sono fatto, io guardo sempre al giorno dopo, mai indietro. Probabilmente sono ancora molto giovane, solo quando sarò vecchio mi guarderò indietro”.

Per Mazzarri comincia il viaggio dei ricordi, a cominciare dai quattro anni di Napoli: «Da quando è presidente De Laurentiis sono quello che c’è stato più a lungo. Voglio solo dire che con lui ho avuto un rapporto stupendo. E se fosse stato per De Laurentiis sarei rimasto tanti anni ancora, come si usa in Inghilterra. Però, lo dissi anche a suo tempo, dopo quattro anni se non cambi tutti i giocatori o non ne cambi tanti, diventi troppo prevedibile. È anche una questione di linguaggio. Pensai che fosse quello il momento di andar via».

De Laurentiis non è esattamente un presidente facile. «Sai cosa ti dico? Io sono uno stakanovista, quando lavoro sono un martello, anche per questo mi sono concesso delle pause. Lui mi chiamava, almeno i primi tempi, alle 6 del mattino, massimo le 6.30, e mi faceva un favore. Alle 9 ero già al campo per l’allenamento e il confronto era stato pieno, completo. Con lui avevo un rapporto diretto, gli spiegavo cosa avrei fatto, insomma trovammo una sinergia importante».

Occhio, Walter. Un giorno confessasti che ogni volta che compariva “presidente” sul display del cellulare ti veniva l’ansia. «Questo sinceramente non lo ricordo, però può anche essere che nei momenti di maggiore pressione… Ogni tanto è necessario fermarsi. Per riflettere, aggiornarsi, analizzare i cambiamenti del calcio. “Stai attento”, ripeteva Ulivieri all’inizio. “Ti sembra che il calcio sia sempre uguale, ma se non stai sveglio ogni quattro o cinque anni c’è sempre qualcosa di nuovo”. Devo dire che aveva ragione. Quindi è possibile che a Napoli avvertissi uno stress particolare, in fondo venivo da esperienze minori, avevo fatto Acireale, Pistoiese, Livorno, Reggina, Sampdoria. Non avevo vent’anni di carriera in grado di sostenermi. Non ero abituato alla pressione di una piazza così. Anni fantastici, però: sono arrivato e subito il record di Bigon. Se non sbaglio, 16 risultati utili con una squadra che avevo preso al sestultimo posto. Una cavalcata incredibile, il primo anno, poi il secondo, poi il terzo, poi il quarto, crescevamo sempre e siamo arrivati in Champions».

Qualificati in un girone durissimo: Bayern, Manchester City, Villarreal. Usciste col Chelsea ai supplementari dopo un 4-1 al San Paolo. «E Maggio sbagliò il gol del 5-1 all’ultimo minuto e là si perse ai supplementari fallendo tanti gol dopo una partita incredibile. Quel Chelsea la Champions la vinse. Al primo anno di Champions, quando affrontammo il City di Mancini, eravamo tutti esordienti, me compreso. Uno a zero per noi, pareggiò Kolarov, alla fine il City non si qualificò».

Era il Napoli di Grava e Cannavaro, Paolo, non Fabio. «C’era anche Aronica. Erano tutti ragazzi senza un curriculum d’alto livello, però davano il massimo. Avevamo un’organizzazione precisa, tutti la facevano propria. Zuniga arrivava dal Siena, diventò un grande giocatore quando lo misi a sinistra. Insomma, in quei quattro anni ne ho fatte tante di cose buone. Un feeling speciale con tutti, a Napoli, resiste al tempo, me ne accorgo tutt’ora, mi vogliono bene insomma».

In seguito la Samp, l’Inter, il Torino. «Anche col presidente Cairo la stima è ancora intatta. Sono arrivato in corsa, ho fatto benino subito, ma l’anno importantissimo è stato quello in cui ho completato la preparazione, l’anno dei 63 punti, una cosa incredibile, è tuttora il record dei tre punti. E ti dico la verità, resta il rammarico di aver solo sfiorato la Champions. Siamo arrivati in Europa League, ma se avessimo vinto a Empoli e a sei minuti dalla fine Ronaldo non avesse pareggiato a Torino, saremmo andati su noi».

Hai frequentato un corso di simpatia e comunicazione? «Dopo tanto tempo torno a parlare, concedo un’intervista. Sono sparito perché quella era la mia volontà. Se avessi voluto allenare avrei potuto farlo, le offerte non sono mancate. In questo periodo mi sono reso conto dei cambiamenti del calcio e li ho approfonditi».

Oggi, qual è il calcio più vicino al tuo ideale? «Il Napoli di Spalletti, beh, quello piace a tutti, io il 4-3-3 non ho mai potuto farlo perché non avevo i giocatori adatti. L’anno scorso il Napoli ha trovato un’alchimia incredibile. Ha fatto un calcio bello, bellissimo. Il 4-3-3, con tutti i movimenti delle catene di destra e di sinistra, i terzini che, a volte, invece di allargarsi costruivano da dentro. Insomma, tante novità e il Napoli le ha assimilate meglio di altri. Sia chiaro, anche Pioli col Milan ha mostrato cose nuove: faceva impostare i terzini da dentro e allargava le mezzali, gli esterni».

A Napoli torneresti. «A Napoli vorrebbero tornare tutti perché è una squadra forte, il club è diventato importante. Napoli è un posto affascinante. Se dovessi avere, come ho avuto, delle chance di rientrare, mi piacerebbe trovare gente disposta a capire il calcio che intendo fare. Mi piace insegnare, migliorare i giocatori, impostare un lavoro serio. Programmare: chiedo troppo?».

In Italia, per come siamo messi, non è semplice: oggi il risultato immediato è tutto. «Scusa, se analizzi il mio Napoli, scopri che crescita e risultati si possono coniugare: Cavani veniva da Palermo, aveva 22 anni, non era per niente esploso, giocava spesso sull’esterno, raramente al centro, dicevano che non vedesse la porta. L’ho fatto crescere, è diventato un campione».

E come lui Hamsik. «Era stato preso dal Brescia due anni prima, non aveva ancora fatto 12 gol, non era ancora esploso in serie A, era un ragazzo giovane da formare. E Lavezzi, uguale. Lavezzi era croce e delizia, oltretutto un po’ sovrappeso».

Ho letto che ti saresti proposto al Napoli. «Il Napoli che mi piaceva tanto l’anno scorso con Spalletti me lo sono studiato a memoria. Conosco tutti i movimenti che facevano, questo fa parte di me. Ma finisce qui. Non ho sentito nessuno del Napoli. Sono balle».

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