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Caso Mancini, se vuole tornare ad allenare serve il consenso della FIGC

Matteo Calitri
Matteo Calitri
2 Min di lettura
© Getty Images for Figc

Il futuro di Roberto Mancini come allenatore potrebbe non essere così semplice come sembrava inizialmente, nonostante le dimissioni comunicate alla vigilia di Ferragosto. Se Mancini desidera continuare la sua carriera senza rischiare contenziosi legali o periodi di inattività forzata, le dimissioni improvvisate potrebbero non bastare. Anche se non è prevista una penale economica per l’addio, le dimissioni devono essere accettate e il contratto con la Federcalcio richiede una risoluzione consensuale.

Le normative sportive richiedono che, nonostante il desiderio di un tesserato di porre fine a una situazione che non gli risuona più, sia necessario un accordo con l’altra parte interessata (in questo caso la Figc) prima di assumere un possibile incarico con una nuova squadra. Nel contratto di Mancini non esiste una clausola di rescissione vera e propria. Un tempo, c’era la possibilità di liberarsi unilateralmente in caso di piazzamento tra i primi quattro alla Euro 2024 o al Mondiale 2026, una prospettiva ormai irraggiungibile.

Al di là dei contatti telefonici improvvisi degli ultimi giorni, l’ex commissario tecnico o il suo rappresentante dovranno inevitabilmente sedersi al tavolo con il presidente Gravina prima o poi. Questo incontro sarà fondamentale per chiarire le ragioni che hanno portato agli eventi recenti e per cercare una soluzione adeguata.

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