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Simeone: “Ogni giorno mi rendo conto dell’impresa compiuta”

Matteo Calitri
Matteo Calitri
6 Min di lettura
© Il Mio Napoli - Foto Marco Bergamasco

L’attaccante argentino ha commentato la grande impresa fatta dal Napoli

Giovanni Simeone, attaccante argentino del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano spagnolo As: “Ogni giorno mi rendo conto di qualcosa di nuovo che mi fa capire quant’è stato grande quello che abbiamo fatto. L’altro giorno, ad esempio, ho visitato Sorrento e c’era una strada con decine di striscioni con ogni risultato delle nostre partite di quest’anno”.

La storia col Napoli cominciò nel 2018, ma dall’altro lato, segnando una tripletta nell’anno dello Scudetot mancato. “Segnare tre gol a una squadra così importante fu speciale. Ovviamente quando sono arrivato qui tutti me lo hanno ricordato e continuano a farlo. Ma adesso aggiungono: “Sei perdonato” (ride, ndr)”.

Papà Diego ha detto che non c’è stato bisogno di convincerla ad accettare il Napoli. “Mi hanno cercato diverse squadre importanti, ma quand’è venuto fuori il Napoli non ho pensato ad altro. Mi spiegarono che era un’operazione difficile, ma non m’importava”.

Com’è stato l’impatto con la città? “Ho notato la differenza tra la gente di Napoli e quella del nord. Qui ti accolgono con amore e questo mi ha aiutato tantissimo, siamo molto simili noi argentini. Inoltre essere il primo argentino da parecchio tempo ha fatto sì che i tifosi mostrassero sempre un affetto speciale nei miei confronti. Volevo sentirmi parte della città e la gente mi ha fatto subito sentire tale”.

C’è un video in cui lei celebra da solo lo Scudetto a casa con una bandiera. “E’ stato bellissimo. Il giorno dopo che siamo diventati campioni d’Italia, ero in casa con mia moglie e mi disse: ‘Perché non festeggiamo un altro po’?. Così prendo una bandiera, esco in terrazza da solo e la gente dall’altro lato della strada ha cominciato a festeggiare con me”.

Si è trasferito a Napoli dopo 17 gol col Verona, pur sapendo di non essere un titolare. “Il direttore è stato geniale, mise subito le cose in chiaro. Mi disse che se fossi venuto qui avrei avuto bisogno di pazienza. Sapevo ciò che mi aspettava, sono venuto qui felice e convinto del fatto che avrei avuto le mie possibilità qui, preparando ogni partita come se dovessi giocare titolare. Ho vissuto tutta la stagione così e ho celebrato ogni gol come se fosse il mio”.

Cosa la impressiona di Osimhen? “Sembra che non sia sempre presente, ma ogni volta che arriva il pallone inventa qualcosa. E’ un calciatore spontaneo, non prepara i suoi movimenti, gli vengono fuori dal nulla e questo complica tanto la vita ai difensori. Sa trovare lo spazio e calciare bene”.

Si aspettava un Kvaratskhelia così decisivo? “Quello che balza subito agli occhi è che cercare sempre di puntare il difensore. Non ha altro in testa, anche se qualche volta gli viene male, torna sui suoi passi e lo fa di nuovo. Sapevo che era un calciatore forte, ma quando l’ho visto in campo aperto mi sono reso conto che bestia è. Come Victor”.

Che squadra ha trovato al Napoli? “Ho capito subito che bisognava lavorare molto e seriamente per fare qualcosa di diverso a un sodalizio così forte. La prima cosa che ho pensato è che qui ci sono molti calciatori che toccano bene il pallone, con gran qualità, ma pochi che attaccano lo spazio. L’unico era Osimhen e se non c’era lui io dovevo fare lo stesso, mettendoci tutta la voglia che ho. Era l’unica strada”.

Immaginava di dominare così il campionato? “So che è una cosa banale, ma abbiamo preparato ogni partita come se fosse una finale. Non pensavamo mai alla partita che sarebbe venuta dopo, finché non ci siamo resi conto che saremmo diventati campioni”.

Quando? “La vittoria con la Roma a gennaio, quando segnai io il 2-1 definitivo. Me lo disse anche papà, mi mandò un messaggio di notte: ‘Questo gol sa di campione”. Un messaggio che mi ha emozionato perché disse lo stesso quando l’Argentina vinse gli ottavi di finale al Mondiale in Qatar”.

La storia del tatuaggio della Champions e del gol col Liverpool è leggenda. “La notte prima mia moglie mi dà a parlare ma io non voglio risponderle, sono nervoso. Così mi metto a meditare, chiamo papà, vado a dormire e non so perché mi sveglio il giorno dopo felice come un bambino: quel giorno avrei realizzato il mio sogno. Ho un video del pomeriggio precedente alla partita, tutti i miei compagni di squadra dormivano e io non riuscivo.

Andavo da un letto a un altro come un bambino, cantando la canzone di Maradona. Arriviamo allo stadio e il momento dell’inno Champions, con quell’urlo così famoso, non lo dimenticherò mai in tutta la vita. Si fa male Osimhen, il mister mi chiama e vado in campo molto rilassato, straconvinto che avrei segnato. Non so perché, ma lo sapevo, l’avevo visto mille volte nella mia testa. E accadde. La cosa più bella è stata vedere il giorno dopo i tifosi fermarmi per strada in lacrime, dicendomi “ce l’hai fatta, ce l’hai fatta”. Non avrei mai immaginato che i napoletani conoscessero così bene la mia storia e la sentissero loro”.

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