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Insigne, perché il capitano dovrebbe restare a Napoli

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La storia tra il Napoli e Lorenzo Insigne invoca intorno a sé un pizzico di romanticismo, materia che riguarda i nostalgici o i sognatori. Lo rivela l’edizione odierna del Corriere dello Sport. Mentre mancano appena 53 giorni al d-day, e dunque nell’aria s’avverte già l’effetto distraente e un po’ pesante del pericolo di fuga dello scugnizzo, la lettura apparentemente più superficiale spinge a rimuovere dal banco della trattativa la valigetta con il danaro, la pistola fumante, e pure la più insignificante strategia di parte.

Insigne compirà nel giugno prossimo 31 anni, potrà avvertire in sé il giustificatissimo richiamo d’una sfida nuova, lasciare che l’umanissima vanità lo induca a vagheggiare una esistenza diversa, stimolante e anche gratificante, nei paradisi europei di questo football senza bandiere, immaginarsi tra il Barça e il Real, il Psg o il Bayern, uno dei due Manchester o il Chelsea, o in un’italiana che abbia una dimensione europeistica, e comunque essere consapevole che il suo strappo con le proprie origini e la fi gura simbolica che rappresenta non l’arricchirebbe più di quanto non possa farlo il Napoli, avvicinandosi a lui.

I soldi, in questa storia, rappresentano o si trasformano in dettaglio e la distanza tra la domanda di Insigne e l’offerta di De Laurentiis è un ostacolo irrilevante, dinnanzi alle ragioni dell’anima.

Altrove, forse ovunque e soprattutto al di fuori da questo circuito galattico, Insigne si ritroverebbe inghiottito dalla normalità, certo finirebbe per sottrarsi a quel carico di responsabilità che un po’ lo soffocano e però un po’ fungono da energia, e comunque non sarebbe né il capitano, né il figliol prodigo, né il nume tutelare del Napoli e il protagonista d’un sogno complesso da realizzare ma imparagonabile a qualsiasi altro – e non scontato – successo. La scelta di vita non si gioca intorno a quella differenza tra il quadriennale che oscilla intorno ai cinque milioni del Napoli e ciò che potrebbe arrivare, non si sa da dove e né di quanto, da un Mondo così ampio, largo, luccicante eppure svuotato dalle proprie radici. Sembrerebbe quasi un «tiraggiro» al buio.

Fonte: Corriere dello Sport

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