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Carannante, ex Napoli: “Maradona grande uomo. Segnalai io Insigne alla prima squadra”

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L’ex calciatore del Napoli si è raccontato in una bella intervista rilasciata all’edizione odierna de Il Mattino.

Antonio Carannante, 53 anni, era tra gli undici azzurri che il 15 marzo 1989 – appunto trent’anni fa- realizzarono nei quarti di Coppa Uefa l’impresa di ribaltare lo 0-2 incassato dai bianconeri: al San Paolo finì 3-0, gol di Renica al 119’. L’ex calciatore ha parlato all’edizione odierna de il Mattino. Ecco alcuni stralci della sua intervista:

Ha rivisto quel Napoli nella sfida Juve-Atletico Madrid. «Io e De Napoli, che non avevamo giocato a Torino perché squalificati, ci dicemmo: “passiamo noi”. Eravamo convinti dei mezzi tecnici, della forza morale e dell’orgoglio del Napoli. E infatti dominammo sul piano tattico e agonistico. Bravissimo Bianchi a impostarla come lo è stato l’altra sera Allegri. Appartengono alla stessa scuola di pensiero: facile pensare al bel gioco, il difficile è fare i risultati».

Carannante debuttò minorenne in serie A. «Sedici anni e nove mesi, il più giovane nella storia del Napoli: vittoria per 2-0 contro il Torino. Ero entrato un anno prima nel vivaio azzurro dopo gli inizi nella Virtus Baia».

Ha vinto lo scudetto e la Coppa Italia nell’87 senza mai giocare. «Allodi e Bianchi avevano puntato su di me, però mi procurai un gravissimo infortunio. Mi sarei rifatto due anni dopo partecipando alla conquista della Coppa Uefa. Ricordo l’emozione di quella notte a Stoccarda: gli altri festeggiavano in campo, io e Bianchi ci abbracciammo da soli negli spogliatoi».

Nel Napoli di Maradona c’era un’identità napoletana. «Assolutamente sì. Era stato un grande uomo come Antonio Juliano, il direttore generale, a creare questa base. Io avevo firmato un contratto in bianco e il direttore fece un regalo a mio padre. Avrei potuto accettare più soldi da Milan, Juve e Inter e invece no, decisi di andare avanti con il Napoli, almeno finché Moggi non prese giocatori dal Torino e mi fece partire».

Di napoletani ce n’è uno adesso. «Segnalai io Insigne ai tempi in cui lavoravo per il settore giovanile del Napoli. Ci sarebbe stata anche la possibilità di prendere Immobile, però la società non gli assicurava il convitto a Castel Volturno e così il papà di Ciro lo portò al Sorrento. Questo è un enorme serbatoio e mi auguro che De Laurentiis lo voglia sfruttare come tanti anni fa decise di fare Juliano. Io sono stato fortunato a giocare nel Napoli prima di Krol e poi di Maradona: vorrei che altri ragazzi si trovassero in questa condizione».

Che ricorda dei giorni dei trionfi? «Il clima che c’era in città, lo spirito che univa la squadra, il popolo e i tifosi eccellenti: accanto a noi avevamo sempre Massimo Troisi, Pino Daniele, Luciano De Crescenzo. Devo molto a quei compagni e a quei dirigenti: ricordo quanto il presidente Ferlaino mi seguisse negli studi.Mi sarebbe piaciuto continuare a collaborare con il Napoli dopo aver scoperto Insigne, Maiello, Ciano, Sepe. Poi sono arrivati anche i giovani stranieri…».

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