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Curiosità: un punto costa al Napoli mezzo milione di euro. Ecco lo studio

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Quanto costa un punto per la Juve e quanto per il Napoli? Questo, come riporta Il Mattino, è uno degli spunti più curiosi del convegno sui nuovi modelli di business del calcio. E’ stato organizzato dai professori Claudio Porzio, direttore del Dipartimento di studi aziendali e quantitativi dell’Università Parthenope, Arturo Capasso, docente presso l’Università del Sannio e la Luiss e dal manager finanziario Fabrizio Vettosi presso la sede di Palazzo Pacanowski a Napoli.

In base allo studio sulle prime sei squadre italiane, calcolando alcuni parametri (dagli ammortamenti agli stipendi), un punto “costa” 1.042,000 euro alla Juve e 452.000 al Napoli. Gli azzurri reinvestono il 93 per cento della liquidità sul settore tecnico (acquisti e costo del personale) “a conferma della chiarezza di intenti e della capacità gestionale della società”, ha sottolineato Vettosi.

Assente il Napoli, invitato dagli organizzatori al convegno, sono intervenuti i dirigenti di due club tra i pochi proprietari di stadi

Maurizio Stirpe, presidente del Frosinone, si è dichiarato preoccupato: «Il calcio vive un declino costante, si parla anche del ritorno al semiprofessionismo per la serie C. Il Frosinone non ha fatto follie per dotarsi di un impianto e sta allargando gli orizzonti con l’apertura alle donne e ad altri sport. Abbiamo voluto uno stadio senza barriere, basta con i campi di concentramento, e nel primo anno non abbiamo ricevuto un euro di multa. Il calcio ha bisogno di immettere professionalità. Per questa ragione credo sia opportuno che vi siano presidenti con ottimi studi alle spalle, e della riforma dei campionati, partendo dalla A a 18 squadre”.

Di parere opposto Stefano Campoccia, vicepresidente esecutivo dell’Udinese

“Se vogliamo mantenere una buona posizione sul mercato internazionale non possiamo ridurre gli eventi, sono quindi contrario alla riduzione da 20 a 18 squadre. Già siamo penalizzati dal fatto che i contratti televisivi soltanto in Italia sono triennali anziché quinquennali. Bisogna lavorare sulle infrastrutture e su una ripartizione dei diritti TV che come in Premier abbia una base fissa del 50 per cento. Ai tempi dei trionfi del Milan, l’Italia era la prima Lega europea. Adesso siamo la terza-quarta, eppure continuiamo a movimentare 1,7 miliardi”.

Vettosi ha ricordato come, nonostante la crisi, il sistema calcio sia cresciuto negli anni passando da 400 miliardi di lire a 2 miliardi di euro. Giulio Pazzanese, in rappresentanza della Federcalcio, ha auspicato un intervento sulle infrastrutture: “In altri Paesi viene chiesta l’organizzazione degli eventi dopo aver creato gli stadi, in Italia si è fatto il contrario finora. L’obiettivo di ospitare gli Europei 2028 deve accomunare tutto il movimento”.

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