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Grazie a due italiani impiantato negli USA il primo esofago bioartificiale

Alessandro Scognamiglio
Alessandro Scognamiglio
2 Min di lettura

Nuovo importante passo in avanti della ricerca e della medicina. Negli Stati Uniti è stato trapiantato il primo esofago ‘bioartificiale’ su un malato di tumore negli Stati Uniti, un cittadino di 75 anni che ora sta bene. Il merito dell’impresa, avvenuta un paio di mesi fa, porta la firma di due ricercatori italiani che da tempo lavorano negli Stati Uniti: Fabio Triolo, direttore del Nucleo terapie cellulari dell’Università del Texas, a Houston, e Saverio La Francesca, già professore di Cardiochirurgia all’università La Sapienza e presidente di Biostage, l’azienda biotech che ha inventato la tecnologia.

Utilizzando un prodotto combinato formato da cellule staminali e una matrice sintetica, l’esofago di ultima generazione è stato impiantato nel paziente ed ha subito risposto positivamente. Lo studio è stato realizzato partendo da un’intuizione di La Francesca, che ha alle spalle una carriera da cardiochirurgo. Dopo avere brevettato e testato la tecnologia su modelli pre-clinici sperimentali, è nata una collaborazione con Triolo che da tempo si occupa di medicina rigenerativa e di staminali. Nel 2007 questo ‘cervello in fuga’ aveva fondato all’Ismett di Palermo, l’Unità di Medicina Rigenerativa e Terapie Cellulari, prima di trasferirsi a Houston nel 2011.

L’organo bioartificiale è stato realizzato a Houston nei laboratori dove lavora Triolo. In seguito è stato trasportato in aereo consegnandolo a La Francesca presso l’ospedale dove il 4 maggio scorso il settantacinquenne, con tumore ai polmoni, al cuore e all’esofago, è stato sottoposto all’intervento. La parte dell’organo cancerogena è stata rimossa e sostituita con quello bioartificiale. Ogni anno nel mondo si verificano 456 mila casi di tumore dell’esofago. Ma esistono anche altre patologie, in alcuni casi presenti sui neonati, che ne compromettono il funzionamento. La prassi chirurgica più diffusa è quella che utilizza porzioni di stomaco o dell’intestino per restituire funzionalità a questo apparato. Ma queste tecniche possono portare a molte complicazioni. Oggi la ricerca sulle staminali apre nuovi scenari. (Fonte: Repubblica)

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